Giorgio 42 anni e Paola 36 si rivolgono al centro di riproduzione assistita perché da un anno e mezzo provano a realizzare il loro progetto familiare: avere un figlio.
Dopo un tentativo di primo livello hanno deciso di intraprendere l’ICSI e dopo aver partecipato all’incontro di gruppo che si svolge ogni 15 giorni al centro, chiedono un appuntamento per una seduta di coppia.
Paola è molto ansiosa, si sente invasa dal pensiero di non riuscire a creare una famiglia e si deprime. Piange e non ha voglia di vedere amici visto che “tutti” hanno figli e quindi abitudini familiari dalle quali lei si sente esclusa.
Ogni volta che qualcuno (familiare o amico) chiede loro quando si decideranno a fare un figlio provano vergogna. Paola non si sente compresa da Giorgio che sembra prenderla più alla leggera e volerla tranquillizzare.
Giorgio però in seduta di coppia porta la sua preoccupazione per i loro rapporti sessuali. Ormai sono diventati un momento meccanico e programmato, non c’è più nessun incontro tra loro due. Lui da due mesi ha problemi di erezione. Entrambi sono scoraggiati e preoccupati.
Il caso di Giorgio e Paola è solo una delle situazioni che si possono incontrare e che evidenzia alcuni punti facilmente condivisibili dalle coppie che soffrono d’infertilità.
Gli aspetti psicologici, emotivi, relazionali che emergono in queste situazioni sono molteplici e attraversano i diversi passaggi nel percorso di riproduzione assistita.
Il primo momento con il quale la coppia si scontra è quello della scoperta della propria infertilità.
Una scoperta che genera rabbia, impotenza, sofferenza, lutto, colpa, vergogna e che attiva una serie di dinamiche con se stessi, nella coppia e con il resto del mondo (familiari, amici, ambiente lavorativo e sociale in genere).
Naturalmente queste dinamiche variano a seconda del tipo di problematica che la coppia presenta.
Le coppie possono anche avere un’iniziale difficoltà a decidere di diagnosticare il problema e a volte tendono a temporeggiare soprattutto se uno dei due partner non riesce ad affrontare affatto la questione, generando grossi conflitti di coppia.
In questa fase il tipo di cultura sociale, economica, familiare e di coppia ha un grosso ruolo. Infatti, ai nostri giorni, le coppie decidono sempre più tardi di attuare un progetto genitoriale e questo a causa, sia di condizioni economiche, e quindi della necessità di trovare una maggiore stabilità, sia per degli aspetti evolutivi che riguardano il diventare genitore. Oggi sembra esserci una certa paura nel passare ad un altro piano della gerarchia familiare, e cioè nel separarsi da un certo ruolo di figlio ed affrontare invece le responsabilità adulte.
Una volta presa la decisione di affrontare questo progetto e quindi anche le difficoltà che ne possono sorgere, la coppia infertile si rivolge ad un istituto di fecondazione assistita che li può aiutare.
Come di consuetudine s’inizia col porre una diagnosi somatica, e nella maggior parte dei casi la diagnosi più difficile da elaborare e tollerare è quella di un’infertilità inspiegata, quella che non trova una connessione organica evidente e che viene quindi vissuta come una punizione, un destino, un lutto che non trova corpo e che si trasforma in rabbia e colpa.
Le cure e i farmaci a cui si sottopongono (in particolare modo il corpo della donna), diventano il sacrificio (sacrum-facere), a cui si lega la speranza: è la prima esperienza concreta di una genitorialità già concepita.
Questo è il motivo per cui un mancato concepimento o un mancato impianto embrionale genera un vero e proprio lutto. È uno dei momenti più dolorosi e difficili. L’intenzione e il progetto di creare una famiglia è qualcosa che avviene ad un livello psicologico molto prima che ad un livello fisico, soprattutto in questi casi.
Scontrarsi con il fallimento della fecondazione significa fare i conti con la perdita di un figlio ma anche con la mancata nascita di un genitore così come si era immaginato e concepito mentalmente. Questo accade soprattutto se si tratta di un primo figlio, come nella maggior parte dei casi; i figli successivi non hanno un uguale responsabilità nel creare un’identità genitoriale, casomai nel modificare quella esistente.
Nella scelta della fecondazione assistita l’investimento della coppia è un investimento economico, emotivo e fisico molto faticoso. C’è un costo finanziario, un costo in termini di tempo di vita e un costo psicologico.
Le linee guida in materia di PMA – pubblicate nel 2008 ad integrazione della legge 40 del 2004 – stabiliscono che “tutte le coppie che si confrontano con questo problema hanno il diritto di ottenere un adeguato supporto psicologico in tutte le fasi del percorso di fecondazione assistita. La legge, inoltre, stabilisce che ogni centro di PMA deve garantire la presenza di uno psicologo adeguatamente formato in questo ambito e la possibilità alle coppie di richiedere un accompagnamento psicologico prima, durante e alla fine di un trattamento…”.
L’intervento dello psicoterapeuta varia a seconda che si svolga nell’istituzione stessa o nello studio privato del terapeuta. Infatti questi due setting vengono molto differenziati in primo luogo dalla domanda. Mentre nell’istituzione essa non è il più delle volte spontanea, ma indotta dai medici e dall’équipe, nel secondo caso, e cioè nella professione privata, la coppia si presenta con l’idea e col desiderio
di uno spazio proprio di aiuto e di elaborazione dell’emozioni da cui si sentono invasi e spesso celano la necessità di un lavoro più approfondito riguardante la relazione. Un lavoro che andrà ad approfondire i modelli genitoriali interiorizzati e il significato profondo di questo passaggio evolutivo, per l’individuo e per la coppia.
In entrambi i luoghi d’incontro, a volte portano un conflitto in relazione alla scelta d’inoltrarsi o meno nel percorso di fecondazione assistita; altre volte ancora la necessità di elaborare la perdita di un’immagine di genitorialità.
Il lavoro terapeutico consiste anche nella possibilità di stimolare le capacità di resilienza della coppia e dare un’altra forma alle loro possibilità generative, creative e di accudimento.
Naturalmente ci sono moltissime altre differenze nei setting oltre alla domanda e all’invio, che variano dipendentemente dal modello di psicoterapia, il tipo di pagamento, i tempi e i luoghi che si hanno a disposizione.
In un centro di riproduzione assistita, “come” viene concepito il ruolo e l’utilità dello psicologo, e quindi il tipo di contratto stipulato, diventano parte di quell’inconscio istituzionale che getterà le basi per il tipo di aiuto che si offre agli utenti. Saranno infatti il corpo medico, piuttosto che il biologo o la segretaria a motivare i pazienti ad una consulenza o alla partecipazione al gruppo. Se invece nella testa degli operatori lo psicologo sarà solo un accessorio un po’ inutile ma obbligatorio, sarà molto difficile avere una buona qualità d’intervento collaborativo. È per questo che sarebbe importante che gli stessi operatori s’interrogassero sul loro rapporto con l’emozioni, per non sprecare la ricchezza e l’utilità di un progetto condiviso e per prendersi cura della procreazione nella sua completezza.
Ci saranno così luoghi nei quali il terapeuta seguirà passo dopo passo i diversi momenti di questo percorso, altri in cui si prediligeranno incontri di gruppo con le coppie e con l’equipe, e ancora spazi di consulenza psicologica individuali, di coppia e familiari.
Ognuna di queste possibilità mobilita le risorse della coppia per riconoscere, condividere ed affrontare lo stress emotivo nel migliore dei modi.
È chiaro che la relazione terapeutica cambierà di volta in volta dipendentemente al caso clinico ed alla storia della coppia. Come ho già detto, il progetto d’intervento varierà nei modi e nei tempi che il terapeuta ha a disposizione, soprattutto all’interno di un’istituzione e le modalità di lavoro devono essere organizzate anche in base agli obiettivi e alla storia della stessa.
I colloqui individuali, di coppia e familiari vengono richiesti soprattutto per sintomatologie di tipo ansioso, o perché incerti della scelta della fecondazione assistita (per chi è trascinato), per disagi relazionali che si sono attivati con i familiari o nella coppia, o ancora a causa di una depressione e la necessità di elaborare il lutto dopo un impianto fallito.
Uno degli interventi efficaci in termini di costi/benefici è l’utilizzo del gruppo che nel prossimo paragrafo descriverò più dettagliatamente attraversando l’esperienza di un centro.
Vorrei esporre un esempio di ciò che accade in un incontro di gruppo formato da coppie, familiari e componenti dell’équipe, nello specifico lo psicologo, il biologo e il ginecologo.
Si tratta di una seduta di gruppo che si svolge in un centro di riproduzione assistita ogni quindici giorni ed ogni volta composta da coppie (o parte di esse) che hanno differenti storie d’infertilità e di richiesta d’aiuto. Alcune sono al primo tentativo, altre hanno dei fallimenti procreativi alle spalle, altre hanno già un figlio nato nel centro o con una gravidanza spontanea. Alcuni hanno partecipato al gruppo altre volte.
Il gruppo dura un’ora circa e si svolge in una stanza dove le pazienti attendono chi l’ecografia, chi le analisi. Alcuni sanno del gruppo, sono stati avvisati o hanno letto la comunicazione appesa all’ingresso. Altri sono lì per altro ma vengono invitati a chiamare il partner e rimanere.
Gli obiettivi per i quali il gruppo è stato pensato sono:
Il primo intervento utilizzato per il raggiungimento di tali obiettivi è un’introduzione che faccia da stimolo e da riscaldamento, per rompere il ghiaccio insomma. Si inizia così da un excursus medico biologico, agganciando l’attenzione dei pazienti sul pratico, per far sì che lo psicoterapeuta possa introdursi aggirando le naturali resistenze ad occuparsi delle emozioni. Il clima è già più intimo e si comincia a dare un nome a quei vissuti a volte confusi e indicibili. Il terapeuta in tal modo esplicita le principali sensazioni da cui la coppia è stata, è e sarà attraversata, in modo da non rimanerne investita inconsapevolmente.
Infatti sapere, per esempio, in quali momenti potrebbe sorprenderli il senso di colpa, piuttosto che la rabbia, l’invidia, l’ansia o le difficoltà sessuali, diventa un efficace occasione per dare un confine a queste emozioni, riconoscendole ed essendo più pronti ad accoglierle.
In parallelo, avendo nel frattempo reso l’atmosfera più intima, e dando al gruppo lo spazio necessario, emergono quelle domande che consentono il perseguimento degli obiettivi sopra illustrati, attraverso le risposte e le ulteriori domande dell’équipe. Si cerca di creare un dialogo.
Di seguito un elenco di temi fondamenentali affrontati nel gruppo e in altri setting, alcuni emersi dalle domande degli utenti e altri proposti dal terapeuta.
Emozioni come:
L’elenco comunque non è completo, ogni incontro è nuovo, è diverso; un importante occasione anche per maturare una domanda d’aiuto e decidere di prendere un appuntamento ulteriore con il terapeuta, per prendersi cura di se stessi in questo percorso così profondo e delicato.
Una coppia che intraprende un percorso di fecondazione assistita è come se avesse già un bambino nel lettone. L’assenza del figlio diventa ingombrante e il desiderio di averlo ancora di più.
Nell’esempio del caso riportato inizialmente Giorgio in seduta di coppia porta la sua preoccupazione per i loro rapporti sessuali. Ormai sono diventati un momento meccanico e programmato, non c’è più nessun incontro tra loro due. Lui da due mesi ha problemi di erezione. Entrambi sono scoraggiati e preoccupati.
Oltre ad avere una funzione procreativa, la sessualità è un momento fondamentale di riconoscimento affettivo e di legame con il partner e, in una relazione sana, una possibilità d’incontro, di gioco e di crescita. Improvvisamente tutto cambia. Il rapporto sessuale sembra sottoporsi a tempi e modalità funzionali solo alla procreazione, e anche quando si prova a pensare ad altro non ci si riesce. Così possono subentrare un calo del desiderio sessuale, difficoltà erettili, la sensazione che nulla sia più piacevole e che i rapporti sessuali si siano trasformati in un appuntamento di lavoro. È sparito lo spazio di coppia. S’insinuano rabbie e insicurezze, accuse e timori di essersi persi. Naturalmente la gravità o meno del problema dipenderà dalla storia relazionale della coppia. A volte oltre ad ascoltare i vissuti e le preoccupazioni della coppia, chiedo loro di provare a rincontrarsi intimamente in alcuni momenti in cui sono certi che non potranno procreare, quando non c’è ovulazione, in maniera da vivere un momento solo di coppia e di gioco.
Le disfunzioni del comportamento sessuale di cui sopra insieme ad altre come il vaginismo, a volte sono invece la causa dell’infertilità della coppia e in alcuni casi estremi si possono incontrare dei matrimoni bianchi.
Vorrei sottolineare il fatto che se qui abbiamo evidenziato e affrontato le difficoltà, in molti casi quest’esperienza si trasforma in possibilità di alleanza, complicità e di maggior unione tra i partners.
Una riflessione importante riguarda il rapporto di collaborazione tra i diversi professionisti dell’équipe. Infatti, per quanto le dinamiche istituzionali siano sempre molto complesse, alla base di un lavoro di sostegno ed elaborazione emotiva dei pazienti è necessario che l’intervento psicologico sia sostenuto dal resto dei componenti dell’organigramma (medici, biologi, direttori sanitari, componenti della segreteria, infermieri).
Naturalmente ognuno di questi temi meriterebbe un approfondimento, ma quanto scritto forse può dare un’idea della vastità e della varietà dei modi d’intervento che mutano e si evolvono costantemente, così come cambiano i tempi, la cultura, le tecniche mediche per lavorare con il corpo e l’ampio spettro di modelli psicoterapici per lavorare con l’anima.